SAN SEVERINO – Cinquantacinque auto d’epoca con esemplari di eccezione, paesaggi sublimi a cavallo tra l’alto maceratese, Fabriano e Sassoferrato, fino a Genga, che con le grotte di Frasassi è attrattiva internazionale. Il tutto all’insegna del sacro, attraverso la visita guidata all’esoterica abbazia di Santa Croce dei Conti, a Sassoferrato, un complesso architettonico appartenente ad un gruppo di quattro chiese, comprendenti anche San Vittore alle Chiuse di Genga, Santa Maria delle Moie di Maiolati Spontini e San Claudio al Chienti di Corridonia, datate tra l’XI ed il XII secolo. La 23^ edizione del Giro delle Abbazie per auto d’epoca, organizzata con la consueta perizia dal Caem, il Circolo automotoveicoli d’epoca marchigiano, ha richiamato uno stuolo di amanti delle auto mai passate di moda, ma anche di estimatori dell’architettura e dell’arte. Partiti dopo la colazione dalla spaziosa piazza Enrico Mattei di Matelica con i saluti dell’assessore al commercio e innovazioni, Roberto Potentini, che ha sottolineato “la forte stima per il club presieduto da Pietro Caglini in un centro come quello matelicese, famoso per l’ingegneria agraria e la meccanica”, la carovana delle arzille nonnine, fra cui hanno spiccato esemplari del calibro della Lancia Augusta del 1934 del leopardiano Calisto Maurilli e della Lancia Flaminia del fabrianese Benito Paladini “capace di raggiungere i 170 km/h senza faticare, un gioiellino che non ha nulla da invidiare ai moderni bolidi”, ha raggiunto l’abbazia di Santa Croce dei Conti, a Sassoferrato. Che sorge sul versante opposto all’abitato sassoferratese, in posizione sopraelevata ma anche defilata, che può vantare fra i suoi ospiti diversi imperatori del periodo medievale, il grande Napoleone Bonaparte, un funzionario di Adolf Hitler e Benito Mussolini e che presenta molti particolari della sua storia avvolti nel mistero. Il duce, ad esempio, si trattenne due giorni nel 1926, senza che il motivo del suo passaggio sia mai venuto alla luce. “Costruita dai Conti Atti, signori di Sassoferrato, negli ultimi anni del XII secolo, per i monaci Camaldolesi, con materiali provenienti dalla romana Sentinum – ha spiegato la responsabile dell’abbazia, oggi patrimonio dello stato, Loredana Amori – la stessa costituisce una delle più importanti testimonianze d’architettura romanica della regione, con la particolarità di possedere una pianta a croce greca inscritta, uno schema di origini orientali molto diffuso nelle chiese bizantine della Grecia e dei Balcani. Inglobata all’interno del complesso abbaziale, Santa Croce è stata recentemente restituita al suo antico splendore da interventi che hanno riguardato sia il consolidamento statico e la struttura architettonica, sia i restauri degli elementi lapidei e delle decorazioni parietali. Il nucleo centrale della chiesa è definito da quattro alti pilastri compositi, addosso a ciascuno dei quali sono collocate due semicolonne in granito e pietra calcarea, provenienti da Sentinum. Sono inoltre visibili interessanti capitelli di derivazione lombarda, che prevedono motivi geometrici, vegetali, con bestiari e animali fantastici, ed uno, con l’unica scena sacra, che rappresenta la Crocifissione, tema strettamente legato con la dedica della chiesa alla Santa Croce. Questi sono da mettere in relazione con l’arte romanica lombarda e si datano variamente tra l’XI e il XIII secolo. Ciò che caratterizza la chiesa è il modo regolare e organico con cui il materiale romano è stato inserito, non con intento esclusivamente utilitaristico, ma anche con precisi fini stilistici e decorativi. La chiesa, che dalla fine del XIV secolo venne arricchita da affreschi di scuola fabrianese, presenta al suo interno pregevoli opere pittoriche a cominciare dalla raffinatissima pala raffigurante San Benedetto, realizzata nel 1524 dal sassoferratese Pietro Paolo Agabiti. L’opera più importante, il maestoso polittico del XV sec. di Giovan Antonio da Pesaro, è invece conservata alla Galleria nazionale delle Marche di Urbino”. Sembra che dalle fondamenta della chiesa, dove scorrono vene d’acqua, provenga energia elettromagnetica di cui i più sensibili riescono a percepire l’influsso positivo. La gita sociale del Caem si è conclusa al ristorante “La Scaletta”, a San Vittore di Genga”, con la consegna di una bottiglia di vino delle Cantine Belisario di Matelica ai partecipanti ed il saluto del presidente Caglini che ha ricordato l’imminente evento clou del Trofeo Scarfiotti, che giungerà il 25 e 26 giugno prossimi alla 21^ edizione, già insignito di ben sette Manovelle d’oro dall’Asi, “manifestazione che quest’anno, in occasione del nostro Quarantennale, tornerà a percorrere le strade delle località del parco dei Monti Sibillini”.
Add. stampa Luca Muscolini